La perdita di olfatto si chiama “anosmia” e molti di noi ne hanno fatto esperienza durante l’infezione da Covid-19, quando il virus, per un tempo più o meno lungo ma fortunatamente limitato, ha messo fuori uso i recettori che nel naso percepiscono gli odori.
Anche un banale raffreddore ci rende poco sensibili ai profumi e alle puzze. I virus sono subdoli e pericolosi ma ci sono studi che individuano nell’inquinamento atmosferico una minaccia per il nostro naso, più pericolosa dei virus perché erode lentamente e inesorabilmente le nostre capacità olfattive. In particolare, la causa principale delle anosmie da inquinamento è il PM2.5, il particolato fine, ovvero quelle particelle di diametro inferiore a 2,5 micron (una fila di 1000 sarebbe lunga due millimetri e mezzo) rilasciate in atmosfera dalla combustione dei carburanti nei veicoli, nelle centrali termoelettriche e anche nelle nostre abitazioni.
Lo studio principale, condotto da un gruppo di ricerca del Johns Hopkins Hospital di Baltimora negli Stati Uniti, ha preso in esame l’olfatto di 2.690 pazienti non fumatori, condizione necessaria per avere un risultato non influenzato dalla parziale anosmia che può essere provocata dal tabagismo. La ricerca ha rilevato un rapporto tra la qualità dell’aria e la capacità di percepire gli odori: i nasi dei pazienti che abitano nei quartieri più inquinati sono meno sensibili.
Come il particolato danneggi l’olfatto non è chiaro. I ricercatori ipotizzano che le particelle più fini riescano a entrare nei nervi olfattivi e a infiammarli. Il danno dipende da quanto è inquinata l’atmosfera e dalla durata dell’esposizione, chiaramente quanto più a lungo si respira un’aria malsana, tanto più grave sarà l’anosmia. Ma qual è lo stato di salute dell’aria delle nostre città? Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) l’esposizione media massima al PM2,5 deve essere di 5 microgrammi per metro cubo (µg/m³) all’anno. In Italia questo valore è superato in ogni regione con picchi che superano 20 µg/m³ in Piemonte, Lombardia e Veneto.
I ricercatori di Baltimora avvertono: la riduzione dell’olfatto compromette la qualità della vita. La percezione dei sapori diminuisce e con questa anche il gusto per il cibo, non si sentono odori “pericolosi” come quelli del gas della cucina e si perde la gioia di piccoli importanti piaceri, come annusare un fiore o le persone amate.