Test Panorama si dimostra il primo test in grado di identificare il rischio per microdelezioni cromosomiche confermabili in epoca prenatale.
Anche una patologia come la Sindrome di DiGeorge può essere individuata con uno screening non invasivo su DNA fetale nelle prime settimane di gravidanza: è questa la conclusione di uno studio realizzato dai ricercatori dell’Università di Bologna coordinati dal Prof. Antonio Farina, pubblicato sulla rivista internazionale “Case Reports in Obstetrics and Gynecology”.
La Sindrome di DiGeorge, malattia causata dalla delezione di una porzione del Cromosoma 22 del feto, può sfociare in diverse manifestazioni cliniche, coinvolgendo diversi organi e causando difetti cardiaci, anomalie e malformazioni. Lo studio ha illustrato come lo screening non invasivo su DNA fetale, nello specifico il “Test Panorama” promosso in Italia da Geneticlab, possa individuare in maniera precoce rispetto ai tradizionali metodi di indagine (ecografia e analisi invasiva) anche patologie meno conosciute.
I primi controlli ecografici fatti dalla paziente, infatti, non avevano evidenziato questa alterazione che invece è stata riscontrata come alto rischio già alla 12esima settimana di gestazione dallo screening Panorama. Successivamente la patologia è stata confermata in sede di analisi invasiva tramite tecnica MLPA condotta su amniocentesi. L’intera analisi invasiva è stata svolta presso l’U.O. di Genetica Medica del Policlinico Sant’Orsola Malpighi diretta dal Prof. Marco Seri. Successivamente l’ecocardiografia fetale morfologica ha confermato il difetto cardiaco a carico del feto, a conclusione del definitivo iter diagnostico prenatale.
Si tratta del primo caso in Italia riportato da una rivista scientifica che ha permesso ad una indagine NIPT di rilevare un alto rischio per la presenza di una Sindrome da Microdelezione cromosomica: la paziente, infatti, è risultata negativa per le normali aneuploidie cromosomiche evidenziate dai normali Test NIPT in commercio.
«Allo stato attuale possiamo affermare che solo la tecnica non invasiva su DNA fetale (NIPT) consente di identificare già nel primo trimestre di gravidanza questo tipo di patologie» afferma il Prof. Antonio Farina, docente del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna e coordinatore del progetto. «Le normali tecniche invasive di routine non ricercano le Microdelezioni, se non in casi particolari, e comunque intorno alla 20esima settimana. Per questo motivo in futuro il ruolo della diagnosi prenatale non invasiva sarà sempre più importante e la ricerca in questo ambito contribuirà ad aumentare il grado di conoscenza e consapevolezza anche delle future mamme».
Oggi le tecniche NIPT possono contribuire ad individuare precocemente nel feto una serie di patologie legate ad alterazioni numeriche dei cromosomi, con un semplice prelievo del sangue della madre. Grazie a questa nuova metodica, molto utilizzata negli Stati Uniti e che sta prendendo sempre più piede anche nel nostro Paese, è possibile avere una valutazione delle principali aneuploidie fetali comuni in gravidanza (es. Sindrome di Down), ma anche di patologie meno note ma con una diffusione considerevole: Panorama è l’unico test NIPT ad avere una validazione clinica sulle microdelezioni e la pubblicazione di questo case-report ne è la dimostrazione.
La Sindrome di DiGeorge è infatti una patologia più diffusa di quanto si creda: l’incidenza è di 1 su 2.000/4.000 bambini nati vivi, del tutto paragonabile a quella di una malattia più conosciuta come la fibrosi cistica (secondo la Lega Italiana Fibrosi Cistica è di 1 ogni 2.500-2.700). È inoltre una malattia indipendente dall’età materna (a differenza, ad esempio, della Sindrome di Down), che non viene ricercata durante le normali tecniche invasive di routine previste dai protocolli nazionali.
Lo studio pubblicato vuole evidenziare le potenzialità dei Test di screening non invasivi e di come possano contribuire a un’informazione completa per la madre sulla sua gravidanza, restituendo il concetto di “rischio consapevole” legato alla manifestazione clinica di alcune patologie. È importante ricordare che la metodica NIPT non sostituisce gli esami diagnostici conclusivi tradizionali (come amniocentesi e villocentesi) e che ogni paziente deve valutare col proprio medico il percorso più opportuno per la gravidanza e la tipologia di screening da effettuare.
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